mercoledì 11 maggio 2011

"Un'opera d'arte per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell'umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica" GIORGIO DE CHIRICO

Ettore e Andromaca sono i due manichini protagonisti di questa grande opera. L'atmosfera che caratterizza questo dipnto è come conforme alle altre dipinte da De Chirico: c'è un cielo cupo che dà un certo senso di angoscia che sembra quasi sconfitta dai due personaggi si stringono nell'ultimo abbraccio presso le Porte Scee, prima del duello con Achille che porterà alla morte di Ettore.

La caratteristica di De chirico che mi ha particolarmente colpito è quella di riuscire a comunicare emozioni, strazianti se pensiamo alla fine che avrà Ettore e al dolore che provocherà Andromaca per la perdita del marito, con personaggi rappresentati da figure prive di provare emozioni, come i manichini. Una immobilità e freddezza dell'oggetto che viene compleatemente devastata dalla storia, dalla composizione che le dà l'artista e dall'uso di colori caldi e tenui. Dipinto che nonostante la sua apparente geometria riesce a sconvolgere qualsiasi "ordine" o schema emozionale.

giovedì 5 maggio 2011

"Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni" JOAN MIRO'

Inanzitutto mi scuso per l'assenza di queste due settimane ma ho avuto dei problemi con il pc! Prometto che rimedierò! E vi presento un grandissimo artista, già talentuoso all'età di 8 anni: Joan Mirò!



Miró rifiuta la qualifica di pittore astratto perché, insiste, ogni sua creazione trae lo spunto direttamente da un oggetto o da un'idea poetica. E in effetti la stranezza della sua arte svanisce se si considera che ogni sua opera si riduce a un altissimo esercizio di stenografia: simboli e ghirigori, che sono il suo modo di ridurre la realtà all'essenziale. (Kent)

   Miró uomo si trasforma nel Miró pittore quando prende in mano il pennello. Allora tutto quello che gli vive dentro – i sogni, i sentimenti, la gioia, il dolore – gli si riversa all'esterno, per poi esplodere sulla tela (Kent)

"Se vi è qualcosa di umoristico nella mia pittura, non è il risultato di una ricerca cosciente. Questo humour deriva forse dal bisogno di sfuggire al lato tragico del mio temperamento. È una reazione, ma involontaria.
Quel che invece è voluto in me, è la tensione dello spirito.
Ma è essenziale, a mio avviso, non provocarla con mezzi chimici, come il bere o la droga.
L'atmosfera propizia a questa tensione la scopro nella poesia, nella musica, nell'architettura Gaudi, ad esempio, è formidabile , nelle mie passeggiate quotidiane, in certi rumori: lo scalpitare dei cavalli in campagna, lo scricchiolio delle ruote di legno dei carretti, i passi, le grida nella notte, i grilli. Lo spettacolo del cielo mi sconvolge. Mi sconvolge vedere, in un cielo immenso, la falce della luna o il sole. Nei miei quadri, del resto, vi sono minuscole forme in grandi spazi vuoti. Gli spazi vuoti, gli orizzonti vuoti, le pianure vuote, tutto quello che è spoglio mi ha sempre profondamente impressionato. (...)
Sono le cose più semplici a darmi delle idee. Un piatto in cui un contadino mangia la sua minestra, l'amo molto più dei piatti ridicolmente preziosi dei ricchi.
L'arte popolare mi commuove sempre. Non vi è, in quest'arte, né inganno né trucco. Va diritta allo scopo. Sorprende ed è talmente ricca di possibilità."

"(…)L'immobilità mi impressiona. Questa bottiglia, questo bicchiere, un ciottolo su una spiaggia deserta, sono cose immobili, ma scatenano nel mio spirito profondi sconvolgimenti. Non provo la stessa sensazione davanti a un essere umano che si sposta di continuo in maniera idiota. La gente che va a fare il bagno su una spiaggia e si agita, mi tocca molto meno dell'immobilità di un sasso
L'immobilità per me evoca grandi spazi in cui si producono movimenti che non si arrestano, movimenti che non hanno fine. È, come diceva Kant, l'irruzione immediata dell'infinito nel finito. Un ciottolo, che è un oggetto finito e immobile, mi suggerisce non solo dei movimenti, ma movimenti infiniti che, nei miei quadri, si traducono in forme simili a scintille che erompono dalla cornice come da un vulcano.
(…)Lavoro come un giardiniere o come un vignaiolo. Le cose maturano lentamente. Il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l'ho scoperto in un sol colpo. Si è formato quasi mio malgrado.
Le cose seguono il loro corso naturale. Crescono, maturano. Bisogna fare innesti. Bisogna irrigare, come si fa con l'insalata. Maturano nel mio spirito".